lunedì 25 novembre 2013

Camilla, Justine e lo Zelda was a Zine

Ed è capitato così che verso le 14 di domenica 17, Pancri ed io, budella rifocillate in un buonissimo localino di specialità abruzzesi locato in Via Vigevano, Milano, ci dirigessimo al nostro appuntamento con Camilla e il suo workshop, lo Zelda was a Zine.

Lasciatemi dire che già solo la location era stupenderrima, la cornice ideale. Lo Spazio Piano si trova in una bellissima corte interna di una casa affacciata sul naviglio. L'aspetto è decisamente milanese: un piccolo androne che immette in un cortile interno raccolto e tappezzato di edera, circondato da porticine dal sapore antico. Ora, non so se questa sia la tipica casa a ringhiera milanese, noi a Verona non le abbiamo. Fatto sta che l'atmosfera raccolta, intima del cortile si rifletteva anche all'interno dello Spazio. Essenziale, con le sedie tutte diverse, con i banchi ingombri di penne, pennarelli, matite colorate, materiali eterogenei dalle consistenze più diverse. Avevo già gli occhi a stelline che brillavano e le mani che prudevano. Datemi un paio di forbici e vi solleverò il mondo.

Manco a farlo apposta siamo stati i primi ad arrivare. Justine e Camilla ci hanno aperto sorridenti il portone ed è stato subito cicaleccio. E Torquinate. Sì perché io non riesco proprio a trattenermi dal fare figure da giullare. Sapete la prima cosa che ho detto a Camilla??

"Guarda, te lo devo proprio dire, sei veramente altissima. Praticamente una betulla".
Se non mi faccio riconoscere non son contento.

La volete sapere la seconda cosa che ho detto, questa volta a Justine??
"Adoro troppo i tuoi occhiali!! Quando sono andato a cambiarli ho chiesto all'ottico un paio come i tuoi, tondi così. Stupendi. Solo che sembravo Harry Potter strafatto all'uscita da un rave, sembravo la rana che sta per essere stirata dal tir".

Eccomi! L'uomo senza filtri.

Lo Zelda was a Zine non è stata un'esperienza qualsiasi. È stata un'esperienza con la E maiuscola, altrochè. Colorato, divertente, gossipparo, giocoso, esilarante. E che sono dovuto venir via venti minuti prima (mannaggia alla tirannide dei Frecciabianca e di Trenitalia)!! Mi è dispiaciuto tantissimo. Io triste.
È durato poche ore, sì, ma sono state ore piene di creatività, di risate, di scambio, di condivisione, apprezzamenti e sodalizio artistico. In parole povere: energia creativa pura. C'era elettricità nell'aria. I cellulari si sono scaricati a forza di fare foto e schiaffarle su Instagram. Nonostante conoscessi solo Jane Pancrazia, è stato facile legare con le altre partecipanti al workshop. Sembravamo bambini delle elementari che si scambiano e rubano a vicenda i pastelli.

"Chi ha la scatola dei pennarelli?"
"Qualcuno ha visto lo scotch coi baffi?"
"Lo usi il pizzo marrone??!
"Qualche anima pia mi può passare il washi tape stile letterina vintage?"

"Ma tu ci sei su Instagram?!"
"Certo"
"Fuori il nome!!"

E sopra di noi, a vegliare come numi tutelari, stavano loro, Camilla e Justine. Due personalità fantastiche, propositive, calorose, stimolanti. Impagabili. Di Camilla mi ha impressionato la facilità con cui sfornava idee geniali e la grinta con cui ci motivava a confrontarci, a sviluppare o prendere in prestito le idee altrui. Il suo entusiasmo. Nonché il suo concetto di Reciclo Creativo che mi è piaciuto a pacchi e che ho fatto subito mio (Instagram testimone). Di Justine la sua affabile semplicità. Lei si è definita "tamarra", io l'ho trovata semplicemente GANZA. Termine forse un po' old-fashioned, ma di grande impatto secondo me.

Per non tacere poi del thé e dei cioccolatini offertici a merenda. Cioè, cosa può volere uno di più??
...un nuovo workshop targato Zelda...magari?

Conoscerle, parlarci insieme, farmi consigliare da loro (sia Camilla che Justine hanno dato il loro contributo artistico alla realizzazione della mia zine, grazie!!), mi ha riempito veramente tantissimo. Sulla metro verso la stazione e sul treno verso casa non riuscivo a smettere di sorridere, pattinavo per aria trasognato. Ce l'avevo stampato in faccia, quel sorriso un po' ebete e un po' idiota che hanno le persone realizzate e soddisfatte. Gli altri passeggeri avranno pensato che fossi innamorato...o cerebroleso. Tutto vero. A Milano mi sono innamorato della creatività semplice e fantasiosa. Di quella creatività gratuita e spontanea, solidale tra estranei.

In sintesi, questa esperienza è stata T.O.P. (troppo obiettivamente pazzesca)!
Uno dei picchi più alti di felicità condivisa toccati quest'autunno.

Già non vedo l'ora che sia domenica per (re)incontrare Camilla, Justine e tutti gli altri Wor(l)dsiani in occasione del WOR(L)DS Party alla Maison Borella.

Non si era sbagliato poi più di tanto Steve Jobs.
Stay hungry, stay foolish.
Stay funky.

(Ho detto bene Justine?)

giovedì 21 novembre 2013

15X25 - Blogger incontro/i

Il punto 3 della lista delle 15X25 recita: fare ALMENO un altro blogger incontro.
Durante il mio strabiliante fine settimana a Milano non ho fatto uno, non ho fatto due, ma bensì TRE blogger incontri. Volete sapere chi ho incontrato? Ve lo dico subito:

1) Jane Pancrazia (Pancri) Cole di Radio Cole

2) Camilla di Zeldas was a writer

3) Justine di Le Funky Mamas

Cioè, mi sono o non mi sono superato? L'elemento catalizzatore è stato il toppissimo e coloratissimo workshop di Camilla, lo Zelda was a zine. Workshop che è stato, questo posso già anticiparvelo, semplicemente T.O.P (troppo orgogliosamente pazzesco). Ma di Camilla, Justine e del workshop vi parlerò in separata sede, in un post apposito.

Oggi mi occuperò di lei, Jane Pancrazia, Pancri la Sfacciata di Pancrazia in Berlin, la ricciuta disc jockey che sta dietro al fighissimo progetto che appare quotidianamente su Radio Cole.
Per farvi un piccolo riassunto la prima volta che ho "incontrato" Pancri è stato sulle pagine di Pancrazia in Berlin. Inutile dire che mi ha conquistato subito con la sua scrittura brillante e comica (ma quanto ruffiano sono??) e da lì l'ho sempre seguita. Lei a sua volta, stregata dai miei sublimi commenti (perché, avevate dubbi che i miei commenti fossero di altra natura?), ha cominciato a seguire me. Tutto chiaro?

Ma mentre io avevo un piccolo vantaggio su di lei (l'avevo già vista, in tutta la sua gloria, in carne e video), lei invece ignorava completamente il mio aspetto. Ci siamo incontrati a Milano Centrale. Ed è stato subito pettegolezzo spinto, gossip a gogò come due vecchie comari di paese al lavatoio. Uguali.

E questa è una delle magie del web. Nessun imbarazzo, nessuna esitazione nei discorsi. Anzi. Condivisione immediata delle figure di m***a, delle situazioni più imbarazzanti vissute, di piccole perle di vita vissuta che sarebbe meglio lasciare ai porci. A me sta cosa sorprende sempre. Epperò me la godo!

Insieme a Pancri ho passeggiato per una Milano per lo più sconosciuta, ho scoperto nuovi scorci e nuovi angoli di una città che per me si poteva riassumere in tre punti cardinali: Stazione, Duomo, Castello. Punto. Grazie a Pancri ho rivalutato la grande capitale lümbarda. Cioè, mica banane!

Pancri è esattamente come traspare dal suo blog: divertente, spiritosa, brillante, vulcanica, avventurosa e aperta alle nuove idee e ai nuovi stimoli. Eclettica e sofisticata. E, per quello che mi riguarda, incredibilmente stoica e paziente. Mi ha sentito blaterare a ruota libera per un'ora buona senza emettere fiato, senza fare un plissè, senza dare segni da tramortimento verbale. Va detto che non avendo lei letto la mia (dis)avventura francofortese, dovevo ragguagliarla sull'argomento in tempo reale. Povera Pancri, appena conosciuta e già con le orecchie panate, con i padiglioni auricolari foderati dalle mie sciocchezze. Tornato a casa ho dedicato una statuetta di stagnola al suo Genio Paziente.

Conoscerla è stato bellissimo. Puro scambio. Puro conforto: a essere frollati siamo in tanti. La tribù dei diversamente schizzati è ampia e io ci sguazzo dentro come un maiale nel trogolo. Pura condivisione. Conoscerla mi ha riempito il cuoricino. Un altro blogger incontro TOP. Soddisfazione a pacchi. A cespi come la lattuga, a mazzi come gli asparagi.

Pancri la rivedrò presto (di sicuro con l'anno nuovo). Torino è nella mia lista delle città da visitare e con una guida d'eccezione come lei non potrà non piacermi. L'egregia collega blogger non ha scampo.
Sappi però, stimatissima Jane Pancrazia, che per il nostro prossimo incontro m'impegnerò a rispettare un proposito: frenare la mia parlantina a caduta libera. Se poi non ci riesco sei autorizzata a tirarmi un sonoro pestone sul piede.

Ecco, l'ho detto.

martedì 19 novembre 2013

Torqui in Milano

Due giorni possono essere eterni. Minchia se possono esserlo! Non solo per via della noia, ma anche e soprattutto per via dell'intensità, della densità di sentimenti, stimoli e paesaggi che assorbiamo.
Questo week end a Milano:
  • ho iniziato un nuovo progetto annuale pieno zeppo di incontri, scambi e confronti
  • ho fatto due blogger incontri (forse anche tre)
  • ho fatturato ore e ore di spettegolio ciarliero e sbragato
  • ho passeggiato per le strade di una Milano sconosciuta inondata di sole
  • ho finalmente visto 'sti Navigli tanto chiaccherati e misteriosi quanto il toupè di Silvio
  • ho accumulato ore bonus di risate spensierate (ho la tesserina zeppa di timbrilli!)
  • ho assaggiato un pane abruzzese orgasmatico
  • ho partecipato a un workshop con la W maiuscola
  • ho tagliuzzato, ho incollato, ho piegato, ho srotolato washi tape come i boccia delle elementari
  • ho creato una tela di Penelope di complicità e imbarazzanti lati intimi
  • ho faticato ad addormentarmi ubriaco di tanta bellezza e soddisfazione
  • ma più di tutto a Milano tra sabato e domenica ho semplicemente CREATO. E mi sono sentito pieno, realizzato, soddisfatto. Felice. Che forse è un po' semplicistico come stato d'animo, ma le cose semplici sono anche le più complesse. 
Curiosi? Frementi di sapere? Presto tutte le indicazioni, le spiegazioni e i racconti del caso.
Il mio povero cuore non è abituato a tanta entusiasmante elettricità. È un attimino provato. Giusto i tempi tecnici perché si riprenda e saprete tutto (o quasi)!

domenica 10 novembre 2013

La chirurgia delle parole

Oggi volevo scrivere un post, ma c'ho il blocco.
Vorrei scrivere qualcosa di brioso e divertente, spiritoso e frivolo, leggero. Ma niente.
Fisso la tastiera sperando che le lettere sparse mi diano un'idea. Mi parlino. E invece ciccia.
Allora ho pensato a un metodo alternativo. In mancanza di parole mie, riporto quelle di qualcun altro.

Chi di voi non ha mai visto Il Grande Dittatore di Charlie Chaplin?
Chi non l'avesse visto corra a vederlo. È di per sè un'esperienza.
Chi l'avesse visto so di cosa parlo. Chi l'avesse visto è pregato di darmi la sua opinione in proposito.
Per me, oltre a essere un capolavoro di satira e ironia, di crudele e disincantata ironia, è anche un film commovente ed emozionante. C'è umanità e c'è sofferenza. C'è la speranza e la luce del futuro.

La mia parte preferita non è la scena del barbiere, non è la scena del mappamondo lanciato in aria come un palloncino. La mia scena preferita è il finale. Il monologo finale che il povero barbiere ebreo scambiato per il dittatore tiene di fronte all'auditorio in silenzio.

Oggi in mancanza di parole mie, voglio condividere le parole di Charlie Chaplin.
Parole di un comico con la vocazione da profeta.
«Mi dispiace, io non voglio fare l'imperatore. Non è il mio mestiere. Non voglio governare né conquistare nessuno. Vorrei aiutare tutti se possibile. Ebrei, ariani, uomini neri e bianchi. Tutti noi esseri umani dovremmo aiutarci sempre, dovremmo godere soltanto della felicità del prossimo. Non odiarci o disprezzarci l'un l'altro. In questo mondo c'è posto per tutti, la natura è ricca. È sufficiente per tutti noi. La vita può essere felice e magnifica, ma noi abbiamo dimenticato.
L'avidità ha avvelenato i nostri cuori. Ha precipitato il mondo nell'odio, ci ha condotti a passo d'oca tra le cose più abbiette. Abbiamo i mezzi per spaziare, ma ci siamo rinchiusi in noi stessi. La macchina dell'abbondanza ci ha dato povertà. La scienza ci ha trasformato in cimici. L'abilità ci ha reso duri e cattivi. Pensiamo troppo e sentiamo poco. Più che macchine ci serve umanità; più che abilità ci serve bontà e gentilezza. Senza queste qualità la vita è violenta e tutto è perduto.
L'aviazione e la radio hanno avvicinato le genti. La natura stessa di queste invenzioni reclama la bontà dell'uomo, reclama la fratellanza universale. L'unione dell'umanità. Persino ora la mia voce raggiunge milioni di persone nel mondo, milioni di uomini, donne e bambini disperati. Vittime di un sistema che impone agli uomini di torturare e imprigionare gente innocente.
A coloro che mi odono io dico: "Non disperate, l'avidità che ci comanda è solo un male passeggero, l'amarezza di uomini che temono le vie del progresso umano. L'odio degli uomini scompare insieme ai dittatori e il potere che hanno tolto al popolo ritornerà al popolo. E qualsiasi mezzo usino, la libertà non può essere soppressa!"
Soldati! Non cedete a dei bruti, uomini che vi disprezzano e vi sfruttano, che vi dicono come vivere, cosa fare, cosa dire, cosa pensare, che vi irreggimentano, vi condizionano, vi trattano come bestie. Non vi consegnate a questa gente senza un'anima! Uomini-macchina con macchine al posto del cervello e del cuore. Voi non siete macchine, voi non siete bestie. Siete uomini!! Voi avete l'amore dell'umanità nel cuore. Voi non odiate. Coloro che odiano sono quelli che non hanno l'amore altrui. 
Soldati! Non difendete la schiavitù, ma la libertà! [...] Voi, il popolo, avete la forza di creare le macchine, la forza di creare la felicità. Voi, il popolo, avete  la forza di far si che la vita sia bella e libera, di fare di questa vita una splendida avventura. 
Combattiamo per un mondo nuovo, che sia migliore, che dia a tutti gli uomini lavoro, ai giovani un futuro, ai vecchi la sicurezza. Promettendovi queste cose dei bruti sono andati al potere. Mentivano. Non hanno mantenuto quelle promesse e mai lo faranno. I dittatori forse sono liberi perché rendono schiavo il popolo. Allora combattiamo per mantenere quelle promesse! Combattiamo per liberare il mondo eliminando confini e barriere, eliminando l'avidità, l'odio e l'intolleranza. Combattiamo per un mondo ragionevole. Un mondo in cui la scienza e il progresso diano a tutti gli uomini il benessere. [...]
Dovunque tu sia, abbi fiducia! Guarda in alto. Le nuvole si diradano, comincia a splendere il sole. Prima o poi usciremo dall'oscurità verso la luce e vivremo in un mondo nuovo. Un mondo più buono in cui gli uomini si solleveranno al di sopra della loro avidità, del loro odio, della loro brutalità. Guarda in alto!
L'animo umano troverà le sue ali e finalmente comincerà a volare, a volare sull'arcobaleno verso la luce della speranza, verso il futuro. Il glorioso futuro che appartiene a te, a me, a tutti noi. Guarda in alto! Lassù...»
Charlie Chaplin    

martedì 5 novembre 2013

D'ispirazione e di tecnica

Io sono un grande fan dell'ispirazione. Un po' meno della tecnica.

Non credo molto a quella storia che bisogna scrivere tutti i giorni per almeno un paio d'ore. Quando sento sta massima mi viene subito in mente la tipica immagine della produzione seriale. Invece dello sforna-pasticcini c'è lo sforna-pagine. Tu inserisci una trama generica e lui ti sputa fuori una ventina di fogli dattiloscritti con una storia imbastita sopra.

Ecco, personalmente questa cosa mi urta. Mi piace di più pensare allo storia che lo scrittore è talmente immerso nella folla di frasi, battute e personaggi che gli murmugliano in testa, da cadere nel pozzo o tenere il naso levato alle stelle e scivolare nel fiume. Immagini forse un po' infelici, ma teneramente poetiche.

C'è poi da dire che l'ispirazione, per quanto fulminante e travolgente, è, nella mia esperienza, schifosamente tirannica. Non sai mai quando arriva, per quanto resta, cosa ti fa fare e dove deciderà di colpirti. È un po' come quei parenti eccentrici che non avvisano del loro arrivo e te li ritrovi una mattina sulla porta di casa con la valigia in mano. Snervante. Con l'ispirazione poi c'ho un rapporto di amore e odio. Amore perché quando mi fa compagnia mi rende bel gioioso e mi tiene compagnia per ore di fervore e concentrazione. Odio perché non sceglie propiamente momenti o orari canonici per piombarmi in testa. Il più delle volte si fa annunciare poco prima che mi addormenti, mentre mi trovo in quella regione grigia tra la veglia e il sonno. Ecco che intere frasi, nei momenti migliori interi paragrafi, mi si formano in testa e scorrono in sovrimpressione come se li stessi leggendo. Tutto molto bello e idilliaco. Peccato però che se non li fissi subito tutta sta grazia di dio svapori come nebbia nella notte. Le prime volte, ottimista io fino al ridicolo, credevo che al mio risveglio le frasi sarebbero state ancora li e che le avrei con calma fissate su carta. Pie illusioni.

Capita così che prima di spegnere la luce, la sera, dopo aver chiuso il libro-concilia sonno, metta a portata di mano il mio "taccuino degli appunti". Che così non mi va perso niente.

Altro momento non topico in cui l'ispirazione scende a farmi visita è poco prima di aprire gli occhi sul mondo. Non ho ancora realizzato di essere al mondo, letteralmente, che in testa si formano frasi. E arivia: afferra la matita (si, sono un fanatico della matita, scrivo a penna solo se costretto con la forza), squaderna le pagine e scrivi, scrivi, scrivi. Ma il momento più classico è mentre sono sull'autobus. Son li che guardo fuori dal finestrino, che mi faccio gli affari miei e d'improvviso arrivano le frasi. O riflessioni. Dipende dalle giornate. In questi casi è la tecnologia a venire in mio soccorso: ho il cellulare pieno di memo con frasi, spezzoni di dialoghi e descrizioni. Estenuante.



La tecnica. Ammetto: è sempre stato il mio punto debole. Per me non c'è niente di più bello del libero pensiero, del tema libero, del bla bla personale. Al liceo ho patito moltissimo dover scrivere entro i limiti del "genere". Giornalistico, argomentativo, saggio breve, storico-artistico. Ognuno codificato in schemi su cosa si può dire e come, su cosa non si può assolutamente dire e su cosa sarebbe meglio non dire, ma mettendola giù in quella maniera li si può. Io mi deprimevo. Mi sentivo derubato della mia libertà d'espressione. Se devo dire le robe come vuoi tu, che ci sto a fare qui? Difatti i primi dieci minuti li passavo a rileggere testi e consegne in cerca di appigli a cui afferrarmi, citazioni che mi dessero il la. Tra quello e free climbing per me non c'era differenza. Specialmente la tipologia "articolo di giornale" m'ha fatto sudare una dozzina di camicie.

Nonostante sta avversione per i limiti e i paletti qualcosina è rimasto impigliato. Cioè l'idea del labor limae, il lavoro di lima. Magari si potesse scrivere come Mozart che buttava giù note già perfette, prive di correzioni o ripensamenti! Invece una volta che si ha in mano la pasta grezza bisogna modellarla. Non troppo e non subito, altrimenti si rischia di storpiare il tutto e avere in mano un qualcosa che a furia di cambi e tagli non conserva nulla della base di partenza. Bisogna invece fare una prima opera di raffinatura. Lasciarla li un paio d'ore. Rileggerla e ricambiare qualcosa se credete che qualcosa da cambiare ci sia. Altrimenti se già vi suona bene così com'è, lasciatela di nuovo li a lievitare un paio di giorni. Rileggete un ultima volta. Se vi piace quello è quello che avete modellato. Se trovate che manchi qualcosina aggiungete o togliete, ma non in maniera maniacale. Siate indulgenti. L'arte della modellatura richiede il suo periodo di apprendistato.

E voi come la pensate? Pro o contro l'ispirazione?
Meglio un pezzo ispirato, ma ancora piuttosto informe o un pezzo ben strutturato, ma pensato nei minimi dettagli?
Edulcoratemi!