venerdì 23 agosto 2013

Ne ho timore...

Di pubblicità è lastricata la nostra vita televisiva. E questo si sa.

Di tutti i tipi, di tutti i gusti, di tutte le ore, su qualunque canale. Non c'è scampo. E noi, da bravi, ce la sorbiamo. Ci sciroppiamo spot su spot su qualunque cosa e, diciamocelo, ogni tanto ci scontriamo con di quei réclam che manco alla fiera campionaria del trash.

Due in particolare, secondo me, staccano su tutti. Insuperabili. Inimitabili. Il trionfo del kitch del piccolo schermo. Le pubblicità del Chilly e di Thomas Tawn (il guru dei capelli che te li resuscita solo sfiorandoli).

E parliamo del primo. Il Chilly. Ovvero quel miracoloso sapone liquido barra gel con cui ci pulisce le zone sante e che promette di regalare freschezza duratura e una magnifica sensazione di benessere per tutto il giorno. Sottotesto: cara ragazza, cara donna, cara nonnina, non vi preoccupate, se vi lavate adeguatamente le terga con questo prodotto, anche una giornata bollente da 40 gradi all'ombra vi lascerà il vostro giardino segreto fresco e rigoglioso. E per sottolineare l'efficacia del messaggio subliminale, nello spot, una gallinella dalla coda di cavallo afferra un signor cubetto di ghiaccio da una caraffa piena d'acqua e ghiaccio e se lo strofina sul collo. Il nuovo spot si spinge ancora più in là: stavolta la gallinella, stanca del cubetto di ghiaccio, affonda un dito in un enorme cono alla menta e se lo porta voluttuosamente alla bocca. Alcune volte mi chiedo se i pubblicitari non si fumino di qualcosa mentre sono in ufficio. Fatemi capire: quando una si lava col Chilly è come se la mettesse in freezer? Deve andare in bagno con tre minuti di anticipo che se no appena abbassate le mutandine esce la nebbiolina di condensa come quando apri il freezer di scatto? Cioè se una ragazza si lava col Chilly cos'ha là basso? Dei cristalli di brina mattutina che scintillano al sole se esposti alla luce? Un leggero strato di neve fuori stagione? Metti caso che una c'ha un appuntamento galante e prevede che si andrà al sodo nel dopo cena, è meglio che non se la sia strofinata con quello, altrimenti rischia che il suo dolce amore resti incastrato nel suo dolce forno. E quando il timer avrà suonato dubito che ne uscirà un soufflè al cioccolato con morbido ripieno, tutt'al più un bastoncino Findus mezzo spanato.
A me sta pubblicità inquieta. E non sono nemmeno una donna, per cui sono esonerato dal potenziale utilizzo del favoloso Chilly. Sicuramente se lo fossi lo metterei le sere in cui temo che il mio dolce lui voglia fare del chupa dance imprevisto. Invece del mal di testa o del mal di stomaco avete idea quando figo/a sembrerei dicendo: "No amore, scusami, ma stasera mi sono lavata con Chilly, la poverina non si scongela prima di ventiquattr'ore. Facciamo domani eh? Smack! Smack! Notte notte". E morta lì.

Ma veniamo al secondo. Thomas Tawn, il mago del capello liscio e perfetto che sa come stirartelo. Quest'uomo, che corre sempre in soccorso delle dame afflitte dal mostro tricologico, ha brevettato, oltre a uno shampoo rivoluzionario che ti rende il capello liscio meglio di uno spaghetto scondito, un ancora più rivoluzionario olio che si spruzza sui capelli quando questi sono sfibrati dal sudore e/o dallo stress. Anche in questo caso una ragazza cammina per strada, si da un'occhiata ai capelli visibilmente sciupati e con un largo sorriso sulla faccia estrae dalla borsetta sto olio d'argan del Marocco (rigorosamente del Marocco) e si spruzza sui capelli la prodigiosa lozione magica. Tempo due secondi ce li ha come fosse appena uscita dalla parrucchiera sotto casa. Bon. E pensano che noi ce la beviamo. Certo perché se io son li che aspetto alla fermata dell'autobus e mi spruzzo l'olio d'argan, non ho più un gomitolo di capelli sudati in testa, ma un caschetto rilucente di tutto rispetto. Così, di punto in bianco, con un paio di spruzzetti veloci veloci. Quanto scommettiamo che se me lo mettessi io, tempo due secondi mi trasforma i capelli sudati in ancora più sudati? Talmente sudati che sembra che sia appena uscito da una nuotata in una piscina di melassa? Per non parlare dell'effetto collaterale: uno sciame di vespe, calabroni, api e mosche che mi girerebbe intorno alla testa regalandomi un delizioso cappellino di moschini affamati. Ma per favore!!! Non siamo ancora così fumati. Ultimamente i miracoli non li fa manco Dio, figuriamoci se ha capito come farli Thomas Tawn. Poi se una l'ha provato e si è vista ringiovanire i capelli in un nanosecondo meglio. Io resto scettico.

Di belle promesse è costellata la nostra condizione di spettatori impotenti. E per carità, noi siamo pazienti, sopportiamo tutto con stoica rassegnazione. Di una sola cosa vi preghiamo: imparate a dirle meglio!!
Che almeno anche noi possiamo far finta d'averci creduto.

venerdì 16 agosto 2013

E-book? No, grazie!

“No no li devi assolutamente leggere! Tò, ti presto l’Ebook e te li leggi. Categoricamente. Prendilo, smanettaci, leggili e quando hai fatto me lo restituisci. Bon”. Le sorelle sanno essere molto democratiche. Sicché mi sono ritrovato con un Ebook in mano da utilizzare.

Lo dico subito: è stata un'esperienza un po', un po’ tanto, macchinosa. Almeno per me che sono un feticista del cartaceo.

Oddio è comodo perché pesa quanto un filo d’erba, contiene un sacco di libri e non ha quella fastidiosa retroilluminazione allucinogena del computer che ti regala un bell’occhio cerchiato a panda. Particolarmente indicato, secondo me, per i viaggiatori: non ti fa volume nel bagaglio a mano e ci carichi su tre libri per precauzione che se dovessi finire il primo ne hai altri con cui ammazzare il tempo. Così uno si evita il saccheggio d’emergenza alla libreria dell’aeroporto subito dopo l’atterraggio.

Ma. Bisogna accenderlo e spegnerlo. Ricaricarlo perché si scarica come un cellulare o una macchina fotografica. Voltare pagina con l’apposito bastoncino (operazione durante la quale il caricamento ogni tanto s'ingrippa). Trovare i file in internet (e anche li un mare magnum di formati che supporta o non supporta o che devono essere convertiti per non farti bugs ecc ecc). Scaricarli sul computer. Passarli sull'e-reader. Se poi son tutti di formato diverso rischi che si impalli, che carichi una pagina si e una no. Insomma si porta appresso tutte le magagne tipiche degli affarini tecnologici. Il lato estetico poi, ‘na tristezza infinita: sfogli sfogli e tutte le pagine sono uguali. È il trionfo dell’indifferenziato: ci si riduce a leggere milioni e milioni di pdf, senza copertina, senza una vera impaginazione editoriale, senza stile, senza personalità e, in certi casi, con pagine mangiucchiate perché il formato è supportato fino ad un certo punto.

Capitemi. Per me è una tragedia: un libro è li, lo apri ed è subito a disposizione, giri pagina senza aspettare che carichi e non ha problemi di batteria. Metti caso che uno voglia rileggere quel tale libro, che fai se l'hai già cancellato? Accendi il computer, collega l'ebook, ripassa il file sul reader… Un libro invece lo prendi dallo scaffale ed a tua disposizione. Subito. Immediatamente. Con la cara vecchia carta ti porterai pure appresso un attimino di peso in più, ma compensi in praticità. Sono uno della vecchia scuola: come il cartaceo non ce n’è. E poi vogliamo mettere il risvolto estetico? Ti guardi la copertina, lo sfogli, lo giri, lo rigiri, vedi a che punto sei del libro solo guardando il segnalibro spuntare fuori dall’insieme di pagine (ebbrezza che l'ebook non da), i dorsi scoloriti e le pagine ingiallite. Quello è il fascino del libro vissuto! La cosa poi che più mi scoccia/ha scocciato è che se vuoi rileggerti alcune parti, con il reader ti tocca prendere e andare tutto indietro (perdendo il segno di dove eri) per poi tornare di nuovo dov'eri. Con la carta ci infili il dito, sfogli, rileggi e ritorni a dove stavi. Senza drammi e senza dover risfogliare da capo 130 pagine elettroniche. 

Che volete che vi dica? In questo campo sono un reazionario. Mi piacciono le cose vecchie. Quelle che danno emozioni e che anche se non parlano, lo fanno con linguaggio muto.

Un libro formato cartaceo non lo batte nessuno!

Questo il mio punto di vista. Dopo libertà assoluta. Il mio giudizio vale come il vostro. Se, e dico se, un giorno mi farò vagabondo alla Jack Kerouac considererò, forse, e sottolineo forse, l'idea di dotarmi di un e-reader. Per ora…ma manco per la cippa!!

venerdì 2 agosto 2013

Deutscher in Italien

La grande invasione ha raggiunto la sua fase di massima espansione. Il suo vertice assoluto. I veronesi lasciano le sponde dell’Adige in cerca di frescura sulla Riviera o sugli speroni delle Dolomiti, loro calano a frotte per colonizzare le rive del Lago di Garda e la città sguarnita dalle truppe locali. Il flusso migratorio è al culmine. Sono ovunque. Scorrazzano, entrano, li vedi, li senti parlottare, si siedono, mangiano. Ovunque. Almeno i bisognini vanno a farli nei posti giusti. Almeno quello dai.

Non ti puoi sbagliare, li riconosci subito. Anche se non parlano ce l’hanno scritto in faccia. Li vedi a un miglio di distanza. Biondi, occhi spenti dalla calura, visi in fiamme ustionati dall’impietoso sole italiano, mascelloni, sciabattano per la città in infradito ridotte a sottilissimi listelli di gomma consunta, pantaloncini mini (unisex, si badi bene) più simili a costumi da bagno che veri indumenti civili, magliettine bianche slavate sostituite nelle ore più calde da canotte dalle scollature ombelicali o, nel peggiore dei casi, da pallidissimi petti nudi la cui vista offende il buon gusto e il minimo rispetto di sé. Avete già capito chi sono vero? I tedeschi. Come non riconoscerli!
Poi si stupiscono se, non appena chiedono indicazioni in inglese, invece di rispondere alla domanda, gli si chiede se sono tedeschi. Allora li vedi illuminarsi e annuire soddisfatti ja ja ja. Cioè è palese: chi può andare in giro per il centro a piedi nudi sui sanpietrini bollenti con il costume da bagno sotto la canotta?? Solo loro. Che subito si entusiasmano decantando la bellezza del luogo e svelando il vero motivo dietro il loro look da bordo piscina: sono qui in giornata dal Gardasee dove campeggiano in tutta allegria. Ma va’? Non s’era capito. Difatti quale veronese non sciama per la vie del centro in costume da bagno??

Sgomitano per entrare nei negozi dove si avventano sui capi in saldo come avvoltoi sulla carogna di un animale. Smanazzano, frugano, tastano, esibiscono, esclamano, confabulano, intasano i camerini di prova e corrono su e giù per il negozio a piedi nudi con nonchalance. Il tratto peculiare che li contraddistingue in queste occasioni, nonostante non aprano bocca, è la scelta infelice di scarpe e vestiti. Hanno infatti un vero dono, una dote rara, un metal detector innato per tutto quello che per noi è battonchic-trash. Scarpe con la zeppona e lustrini, borchie e pizzi sono loro. Le adorano. Le passano alla cassa e se le infilano per direttissima. Magliette unicolor nelle sfumature più tristi, dal giallo vomito al marrone fumé, trovano nelle loro mani degni padroni. Sbavano davanti alle vetrine con occhi sbarrati dalla meraviglia. Testimonianza eloquente del loro passaggio è lo stato in cui versano i negozi dopo la loro visita: uno tsunami vandalico. Lasciano dietro di sé cumuli di vestiti spiegazzati, gettati alla meno peggio sugli scaffali e scatole di scarpe esplose sul pavimento. La cosa che mi preoccupa è che quella roba, che noi ci chiediamo come possa esser stata messa in commercio, finisce poi nelle loro valigie e, una volta tornati in madrepatria, verrà esibita con gioia e immensa soddisfazione davanti ad amici e parenti  al grido di “Questa l’ho comprata in Italia!!”. E lì la nostra nomea di paese del buongusto e dell’eleganza per antonomasia, scivola tristemente giù per lo sciacquone.

Questo per quanto riguarda i giovin signori. Per i signori di una certa età cambia sia il look che l’atteggiamento. I tedeschi allampanati, quelli stagionati si muovono per le vie con fare stupito, calcando il suolo in shantosissimi e sempre di moda sandali marroni da escursionismo, accompagnati da imbarazzanti bermudine color sabbia multitascate, corredate a loro volta da camicie scozzesi a quadrati extra large, tipici dei boscaioli delle Montagne Rocciose che, diligentemente infilate nei pantaloncini, mettono così bene in mostra il fisico allenato da bevitore seriale. Il tutto è coronato da un cappello texano degno di una guida del deserto. Immancabile la macchina fotografica ultra professionale al collo e lo zainetto sportivo da camminata alpina a spalle. Un paio di gioviali baffoni bianchi dona al tutto quell’adorabile gusto retrò, un po’ vintage che fa tanto bavarese nostalgico.

Ma i migliori sono quelli che girano per le cittadine del lago ubriachi marci, sbronzi come una zampogna che, inneggiando alla Bella Italia armati di una bottiglia di birra, aspettano la corriera per la città sul ciglio della strada a mezzanotte.

Italia, parco divertimenti d’Europa.