lunedì 27 febbraio 2012

Fraintendimenti gastronomici

All´espatriato italiano che atterra nella terra dei Würstel e della senape, del Bretzel e della birra, la prima cosa che salta all´occhio, o per meglio dire, allo stomaco, è l´idea tutta romanzata che il tedesco-tipo ha dell´Italia. In quanto esemplare di autentico italiano arrivato qui dalla terra della pasta e della pizza, del pesto e della carbonara, mi è capitato spesso di venire interrogato sulla corretta maniera di mangiare cibo italiano e delle abitudini culinarie del popolo del Bel Paese. E li mi sono accorto che nonostante la relativa vicinanza tra i due paesi (a dividerli ci sta solo un insignificante corridoio di terra austriaca), c´è ancora parecchia ignoranza su cosa, come e quanta roba mangino gli italiani a tavola. E poiché sono un espatriato socialmente impegnato nell´intento di riabilitare l´immagine dello Stivale qua, mi sono buttato a capofitto nell´impresa di educare il circondariato tedesco in tal senso. Credetemi, ce ne sono state di occasioni in cui mi è capitato di dover “educare” le colleghe suscitando ansie e malinconie, discussioni e scandali.

Pizza. Per quanto sia amata dai tedeschi, la pizza con l´ananas e/o con la salsa olandese, resta una trovata immonda, un sacrilegio per l´italiano medio. Lo stesso dicasi della pizza con il Gouda (formaggio locale particolarmente filoso e morbido) al posto della mozzarella. Quando ho divulgato questa veritá la Secondina ci è rimasta male e ha controribattuto: “Ma io adoro la pizza con l´ananas, è una delle mie preferite”. Discorsetto seguito da uno sguardo che pareva dire “grazie all´ananas noi abbiamo perfezionato la vostra tanto decantata pizza”. La mia risposta secca è stata: “ognuno la puó mangiare come vuole, ma un italiano non la mangerá mai di sua spontanea volontá. Per noi resta ed è un sacrilegio bell´è buono”. Punto. Le colleghe hanno osservato un minuto di silenzio al fine di elaborare la cosa.

Pasta. Si, è vero, l´italiano tipo che si rispetti mangia pasta sia a pranzo che a cena. Al che l´Ugolatrice, che è fissata con palestra, sport, diete di müssli, tutto pur di rimanere fit, mi ha sparato tanto d´occhi e ha prontamente commentato “voi mangiate tutti quei carboidrati al giorno???”. Madonna, neanche ne mangiassimo un kilo per omo! Un ettuccio scarso di pasta al giorno e l´italiano è soddisfatto. Sono passato poi alla differenziazione dei sughi: il pesto è genovese, la matriciana e la carbonara sono romane o giú di li, il ragú è bolognese, il brodo è una specialitá pannordista. Le alunne annuivano senza sosta. Altra idea bislacca è che l´italiano ogni domenica mangerebbe cannelloni e lasagne al forno. Puó capitare, nessuno dice il contrario, ma non è neanche cosi automatico. Mica tutti i tedeschi bevono un litro di birra a sera…o no? Tortellini e tortelloni vanno per lo piú in brodo, possono essere mangiati anche asciutti, ma il the best of è mangiarli in brodo. Poi la chicca di questa sezione è stata: “come è piú corretto mangiare gli spaghetti?”. La Secondina sosteneva che il vero aristocratico li mangia con cucchiaio e forchetta: con il cucchiaio ne preleva una parte che poi verrá debitamente arrotolata con e sulla forchetta. L´Ugolatrice invece (e anche qui ho sudato freddo) si è messa a tagliuzzarli a quadretti della dimensione esatta di una forchettata. Con il coltello poi spingeva il rettangolo di spaghetti sulla forchetta. Supremo orrore. Tuttavia ho osservato, con il dovuto aplomb, che ognuno li puó mangiare come meglio crede, basta che entrino in bocca. Per esempio io, che sono stato educato in una casa di bruti, mi limito a infilzarli con la forchetta e arrotolarli a mo´di gomitolo e mangiarli. Semplice e funzionale. Mi sono sembrate soddisfatte (e pure un filo sollevate) della relativa libertá con cui si puó maltrattare la pasta per eccellenza.

[Una cosa invece che mi ha fatto morir dal ridere è la loro incapacitá di arrivare in fondo a una semplice vaschetta di alluminio di pasta alla carbonara. Erano piene come un uovo. Mentre io ero li che avevo ancora posto per una fettina di Schokokuche, le colleghe poggiavano la forchetta, facevano respironi, ingollavano acqua come cammelli e poi, piene di ottimismo infilavano un altro gomitolo di spaghetti in bocca per poi posare nuovamente la forchetta roteando gli occhi dallo sforzo. Non hanno lo stomaco allenato. Come noi non riusciamo a mangiare due fette di Käsekuche (anzi, giá con la prima rischiamo di andare in coma iperglicemico), loro non riescono a finire una porzione di lasagne al forno senza essere li li per svenire dallo sforzo.]

Carne. La Tutor un giorno in mensa mi ha chiesto se ogni volta che noi mangiamo carne mangiamo una fiorentina. Ma per caritá divina. La fiorentina è una cosa eccezionale, a parte, straordinaria. Di solito ci facciamo una bistecca semplice, fina, preferibilmente di carne bianca oppure un paio di belle salsiccie o delle scaloppine. Se dovessimo mangiare ogni volta 7etti di carne avremmo tutti quanti il fegato di un bicentenario. Ci ho riso su con tanta allegria.

Condimenti. Per i salutisti teutonici la nostra cucina è troppo salata e piena d´olio. La Tutor, sempre in mensa, ha osservato che quando capita mangia molto volentieri italiano, ma che per i suoi gusti è un cibo troppo pieno d´olio. “La pasta è troppo piena d´olio, nel piatto ne resta tantissimo quando hai finito di mangiare”. Ma perché mangi l´italiano qua a Monaco gioia mia, ma se vieni in Italia nessuno ti fa un piatto di spaghetti nuotante nell´olio. Te ne mette giusto un filo per dare quel tocco in piú, ma morta li. Quanto al sale, a me non sembra che la nostra cucina faccia un uso esagerato di sale. Ne usiamo quel tanto che basta per insaporire. Peró de gustibus….

Infine la scena madre in cui per poco e in maniera del tutto inconsapevole, stavo per dare scandalo. La Secondina, la Tutor e me seduti a un tavolo. Il piatto del giorno era un rotolo di verdure impanate accompagnato da un´abbondante mestolata di salsa al prezzemolo. Finito il rotolo di verdure mi avanzava un sacco di salsa e mi dispiaceva lasciarla li. Allora che ho fatto io? Ho preso un panino e mi sono messo a fare la scarpetta. Loro mi hanno guardato inorridite! Specialmente la Secondina che è la piú teutonica del mazzo. Allora li ho dovuto spiegare che da noi è buona abitudine, se avanza del sugo/salsa, raccoglierlo con del pane. Che insomma lasciargli li tutta la salsa nel piatto per noi equivale a un “si l´ho mangiato se no svenivo dalla fame ma non era sto granché”. Sono rimaste allibite per il resto della giornata. Neanche avessi raccontato loro che farciamo i tortelloni con gli instestini dei lattanti…

Comunque vi fará piacere sapere che hanno accettato queste mie stramberie culinarie e che ora, quando prendo un panino in mano, si guardano, sorridono e scrollano divertite le spalle sospirando ah diese Italiäner…

mercoledì 22 febbraio 2012

Hugendubel

Uno dei posti piú magici di Monaco, almeno per il sottoscritto, è lui, Hugendubel. Questo colosso del mondo librario potrebbe essere paragonato a una Mondadori o a una Feltrinelli nostrana: in centro ne trovi uno ogni tre porte. Ovviamente quello piú grande, disposto su sei piani, campeggia in Marienplatz, proprio all´uscita della metro. Giusto per indurti in tentazione non appena torni all´aria aperta. I geni del marketing!

Quasi metá dei miei pomeriggi post lavoro io li passo li. Lo trovo un posto sublime, tutti questi libri a tua disposizione, tutti questi piani da esplorare, in cui perdersi. E soprattutto mi rinfranca vedere come è sempre pieno fino all´inverosimile. Da noi le librerie sono il piú delle volte silenziose, quando entri ti senti quasi un intruso e le cassiere sono li che se la contano, scambiandosi consigli sulla ceretta per le gambe: “No io uso quella della Venus, con la crema, ho provato ad usare il rasoio della Gillette quello apposito per la ceretta intendo, peró poi mi fa irritazione alla pelle, mi riempio di puntini rossi. Con la pelle sensibile che mi ritrovo anche farmi la ceretta è un proplema, robe che non ti dico guarda”. Al contrario qua le cassiere non hanno tempo per chiaccherare, viste le code che si formano nonostante ci siano tre casse per piano. Meglio dei supermercati. Qua si immagazzina cibo per l´anima oltre che per il corpo. Tutta questa considerazione per i libri mi galvanizza. E tutta questa considerazione porta a un servizio che da noi ci sogniamo. Qui i libri si comprano, ma prima si saggiano. Ogni piano dell´Hugendubelparadies è dotato di divanetti in pelle, completi di schienale ergonomico e poggiatesta, la cui unica ragione di esistenza è fungere da luogo in cui posare i glutei e leggere, leggere, leggere. I libri non sono li solo per essere comprati, ma anche per essere testati. Il libro ti intrippa, hai letto la trama e ne sei rimasto soggiogato, ma ancora non sei sicuro di voler investire 12 euro nell´acquisto? Siediti, aprilo e lasciati incantare per tutto il tempo che vuoi. Inutile dire che i divanetti di Hugendubel sono sempre affollatti come i sedili delle metro. Roba che ci si siede anche per terra pur di leggere se manca il posto. Robe mai viste. Avevo avuto un assaggio dell´amore per la parola scritta che i tedeschi hanno in metro, dove quasi tutti leggono se non ascoltano musica, ma da Hugendubel si vedono scene d´amore che a un amante dei libri non possono far altro che spalancare il cuore.

Praticamente questo regno incantato in cui ogni desiderio librario diventa realtá è una via di mezzo tra una biblioteca pubblica e una libreria nel senso commerciale del termine. Se mi ci potessi accampare lo farei volentieri. Marienplatz e Karlsplatz sono i miei H preferiti. Perché sono facilmente raggiungibili con la metro, perché sono in centro e intanto ti fai una passeggiata e perché sono i piú grossi. In piú in un angolo vendono anche DVD a prezzi da accattoni. 5, 7 euro, i piú cari vengono 12 euro (al momento io sto svaligiando quest´angolo in maniera selvaggia al fine di incrementare assorbimento passivo di tedesco). Se per alcuni il luogo delle perdizioni è la pasticceria o la trattoria tipica, per me è questo. Ogni volta che ci entro tento di resistere con tutte le mie forze, di non lasciarmi sedurre dalle copertine che mi occhieggiano dagli scaffali e che esibiscono tanto di etichetta “sotto costo: 5 euro”. La maggior parte delle volte li sfoglio, leggo la trama, leggo qualche paragrafo (anche la seduzione qui parla tedesco), cerco di afferrare qualche frase sensata, li ripongo, mi faccio un giro in cerca di offerte piú seducenti e chiare nel parlare, infine torno e…li adotto. Adotto anche fumetti. Che puó sembrare una bambinata, ma sono piú chiari e diretti di tanti libri: le frasi sono semplici, corte, i verbi sono quelli tuttofare e finisci per leggerli volentieri anche se la trama fa un po´acqua. Quello che ti gratifica è che riesci a capire la storia senza star li con il vocabolario. Ecco, questo è rincuorante.

E la gente compra, compra, compra. E compro anch´io. Quelle rarissime volte che esco da li senza aver donato i miei soldi mi sento un po´ insoddisfatto. Potevo comprare qualcosa e non l´ho fatto. La scusa che funziona di piú, nonostante il prezzo stracciato e la trama accattivante, è quella classica: “a casa hai altri due libri in attesa, ne compri un terzo e poi chissá quando lo leggi”. Leggere in tedesco è una prova di pazienza, ordine mentale e disciplina. E necessita una parola no e due si l´ausilio del vocabolario. Insomma si va lentissimi. Tragica ironia vuole che qui piacciano molto i libri tascabili, da zaino, da tirare fuori appena entrati in metro. La controindicazione per tanta praticitá è il volume spropositato: libroni tascabili da 500 pagine che manco stessi leggendo la Bibbia! Per non parlare del peso che alla lunga ti tira la spalla a terra. Arrivarci in fondo è di per se un miracolo.

A dispetto di queste futili controindicazioni, Hugendubel è per me sinonimo di paradiso qui a Monaco e se posso darvi un consiglio fateci un giro, ne ricavarete un quadro sull´anima teutonica mica da scherzo (figuratevi che ogni piano è diviso in reparti contrassegnati da cartelli in lettera maiuscole che piú maiuscole non si puó, giusto per sottolineare che anche nel mondo della fantasia ci vuole organizzazione). Ne rimarrete incantati.

venerdì 17 febbraio 2012

Questione di accenti

Per quanto uno si applichi a imitare i suoni, le modalitá articolatorie dei nativi, la loro modulazione/accentazione musicale, ci saranno sempre contesti che ti svelano per quello che sei: un espatriato. In particolare l´accento è quello che ci fa sgamare appena apriamo bocca, cosi che l´autoctono è subito portato a pensare “ah questo è italiano, questo è tedesco, questo è cecoslovacco, questo è francese…” E non ci sono santi che tengano, la nostra provenienza, se proprio non ce l´abbiamo scritta in faccia, si rivela quando parliamo. Solo che anche li nascono (s)piacevoli malintesi. Ho giá parlato dei colori di cui Madre Natura mi ha dotato, colori che mi permettono di mimetizzarmi con una certa facilitá, quando sto zitto. Quando apro bocca, bhe, è tutto un altro paio di maniche.

Peró anche li all´inizio mi aspettavo che mi facessero tutti osservazione sulla mia nazionalitá, anche e soprattutto quegli estranei che mi chiedevano indicazioni per strada. Invece niente di niente. E allora sono sorte le solite domande (io me ne faccio un sacco dovete sapere, è trovare una risposta che resta un optional): ma che quando parlo non mi si sgama subito per italiano? Dov´è il mio accento, che io percepisco come grasso e ingombrante? Ci deve essere qualcosa che mi denuncia come non-teutonico, no?? Domande su domande, risposte non pervenute. Quindi me la sono messa via. Mi son detto: “se anche pensano subito che sono italiano o comunque straniero, a loro non importa, badano al risultato. Hanno avuto le loro indicazioni, hanno ringraziato, che io sia italiano non gliene puó fregare di meno”. Stesso discorso per quando mi rifugio da Hugendubel, pago alla cassa, parlo in mensa. "Sará che sono straabituati con tutti i turchi e compagnia briscola che circola qua – mi sono raccontato – che non fanno neanche piú caso a un accento, di qualunque tipo sia”. Mi ero messo l´anima in pace. Se non interessava a loro, perché avrei dovuto andare in giro io con una bandiera tricolore sulla giacca? Se mi chiedi ti rispondo e se no, grazie e arrivederci.

Inatteso il fattaccio che ha riaperto la questione. Rovistavo tra i libri in una bancarella del Rindlermarkt quando ho scovato un bellissimo libro di fotografie su Monaco prima e dopo la guerra. Mio. Entro nella minuscola libreria dirimpetto alla bancarella e chiedo a uno svaccatissimo signore se potevo pagare li il libro (che so magari la bancarella era di un ambulante che era andato a bersi un caffè e non aveva niente a che fare con la libreria in questione). Con una tipicissima pronuncia bavarese mi risponde di si, gli allungo il libro, preme i testi della cassa, pago, mi da il resto. Sto per infilare il libro in borsa quando mi chiede se voglio una borsa di plastica. “No grazie – rispondo – lo metto in borsa, nessun problema”. Non ho nemmeno finito di articolare l´ultimo gruppo di consonanti che l´omino mi fissa intensamente, con gli occhi quasi socchiusi. Oddio ho qualcosa in faccia che fa ribrezzo e lui se la sta studiando. Indietreggio. E poi bam, la botta: “Siete francese? (Sind Sie aus Frankreich?)“, mi chiede. COOOOOOOOOOOSAAAAAAAAAAAAA? Francese io???? Come come come? Sorrido come un ebete e rispondo “Ah no no, sono italiano (ach ne, ich bin aus Italien)”. Al che l´uomo sorride estasiato e controbatte: “Ancora meglio (umso besser)”. Imbarazzatissimo per la situazione, continuo a sorridere (non riuscivo a capire se il tipo fosse serio o mi stesse prendendo bellamente per i fondelli), ringrazio ancora e esco.

In strada i pensieri forticavano a mille, una centrifuga di pippe mentali a 4000 giri. Oddio oddio oddio, che il mio accento suona come francese?? Il mio accento tutto veronese è in realtá interscambiabile per francese? Ma allora tutti quelli che ho incrociato e a cui ho dato indicazioni mi hanno spacciato per francese?? No no no no, qua bisognava andare in fondo alla problematica e ottenere una risposta una volte per tutte, per metterci una bella pietra sopra, accettare le eventuali sconcertanti rivelazioni e farsene una ragione.

Il giorno dopo entro in ufficio e spiego la mia orrida esperienza. Le colleghe ascoltano attente, concentrate e infine chiedo trepidante: “ma insomma il mio accento suona come francese????”. Momento di silenzio. “No, il tuo accento è decisamente italiano (na, dein Akzent ist definitiv italienisch)” risponde convinta la Centralinista Ridens. Oh signore che sollievo, che leggerezza. Dopo cinque minuti di serenitá, ecco tornare le domande. Ma se il mio accento è dichiaratamente italiano, com´è che mi hanno flippato per francese? Crisi. Non avrei sospettato che la risposta era dietro l´angolo. A ora di pranzo il Collega Scollegato (cioè quello che capita qua solo due volte a settimana), mi chiede se vado con lui in mensa. Ok. Seduti al tavolo gli racconto la storia, buttandola un po´in vacca, in fondo non era mica morto nessuno. Alla mia osservazione ingenua “cioè come si puó scambiare un accento italiano per uno francese non so, peró è andata cosi…”, il CS risponde con la veritá rivelata: “allora c´è da dire che non tutti sanno ben distinguere un accento latino dall´altro. Sentono solo un accento romanzo e sparano la prima lingua che risponde alla loro idea di lingua romanza, cioè il francese. E poi, se te lo posso dire, non è cosi facile individuare la tua provenienza perché pronunci giá certe parole con una corretta pronuncia tedesca, ci si accorge che non sei tedesco perché in certi contesti non usi il verbo che a noi verrebbe automatico o in certi casi sbagli a porre l´accento sulla parola. In piú sai noi siamo abituati a pensare all´accento italiano come a quell´accento che senti volare nelle gelaterie, che il piú delle volte sono gestite da italiani del sud. Il tuo accento del nord invece è meno schiacciante e quindi dobbiamo pensarci un attimo per identificarti per certo come italiano”. Caspita, non mi aspettavo una risposta cosi articolata, ma ha tacitato la mia coscienza. Sentirmi dire poi che certe parole le pronuncio giá con inflessione tedesca, mi ha ringalluzzito come non mai.

Ad ogni modo ho avuto la mia rivincita non piú tardi di domenica. Ero alla cassa della Residenz che acquistavo il biglietto d´ingresso, quando il cassiere, non appena udita la mia voce, alza di scatto la testa, mi guarda tutto emozionato e chiede: Italiano? Si. Si si si, mille volte si! Italiano. I-TA-LIA-NO.

lunedì 13 febbraio 2012

Imparare tedesco è...

...è notare quanto la lingua teutonica rispecchi la simpatia che il suddetto popolo ha per i gatti.

Basti pensare a espressioni tipo:

-è vicinissimo a qui: es ist ein Katzensprung von hier...

-non sono un patito della carne: ich bin keine Fleischkatze...

-è stato fatto tutto per niente: alles auf die Katze...

Eppure da che son qui ho visto solo cani in giro. I gatti se li saranno mangiati a colazione!

PS: Oggi sono tre mesi che sono atterrato a Monaco. Che emossssssione!!!!

mercoledì 8 febbraio 2012

Fluttuazioni linguistiche

Ogni lingua ha le sue particolaritá, va da sé. E ogni particolaritá rende ogni lingua unica nel suo genere. Certo, ci sono particolaritá che si ritrovano in altre lingue, su questo non ci piove, peró in genere ogni lingua è un “sistema” a parte (come De Saussure docet). E imparare a gestire un sistema linguistico non è solo segnare il corrispettivo italiano sopra i termini stranieri, ma è soprattutto imparare a gestire le particolaritá con successo nei piccoli intenti comunicativi di ogni giorno. Bon, dopo questa sproloquiata tecnica posso abbassare il tono accademico e tornare al mio stile pidocchioso.

Una della particolaritá del tedesco, oltre a quelle enumerate fino alla nausea (casi, verbi finali, generi, concordanze ecc ecc), è di suscitare nel poveraccio che si mette d´impegno a parlarlo ogni giorno, delle fluttuazioni di Flüßigkeit (scioltezza). Ovviamente come tutto quello che ha a che fare con il brodo germanico queste fluttuazioni non seguono uno schema preciso, delle regole preordinate, tipo “nei giorni di pioggia non ti ricorderai mai di accordare il dativo, ma userai l´accusativo sistematicamente”, “in caso di nevicate ti dimenticherai di mettere il verbo in fondo nelle subordinate” oppure “quando splende il sole il cervello ti si scalda e va a tutta birra al pari di una porsche, facendoti parlare tedesco fluente come non mai”. Fosse cosi, tutti gli espatriati un po´perfezionisti come il sottoscritto pregherebbero per un giorno di sole in cui poter parlare decentemente tedesco senza ridursi a comunicare a gesti. Peró ste manne non succedono e ognuno si salva come puó. A me capita cosi. Ma non solo sulle lunghe distanze, quando esprimo concetti complessi del tipo “è nato prima l´uovo o la gallina?”, ”il würtsel ce l´ha o no un inizio e una fine?”. Ecco li, sarebbe un caos trovare le parole appropiate pure in italiano, in tedesco mi arrendo per partito preso e sfrutto queste tavolate pitagoriche come esercizio d´ascolto.

Capita invece che da un giorno all´altro, parole che solo il giorno prima fluivano con disinvoltura dalla mia bocca il giorno dopo si incastrino in gola, tra i denti, sotto la lingua. Insomma fan di tutto per non uscire. Ste maledette. Soprattutto mi capita con il machen. So che è pazzesco, eppure oh raga non ce la posso fare. Per interi giorni questo verbo tuttofare esce volentieri dalla mia bocca, si fa una passeggiata per l´aere e poi scompare. Ogni tanto invece si inceppa, si intestardisce e non vuole sapere di uscire, resta li, imbronciato, oppure in alcune occasioni fa l´indeciso, esce solo per metá: mach….e basta. L´-en resta dentro, troppo timido per mostrarsi al mondo e io resto li, con il verbo sospeso, la bocca spalancata che ripeto trenta volte il suono “mach” senza portarlo in fondo. Il massimo dei massimi è quando mi si inceppa la A e anzi si tira come un elastico e mi ritrovo non so come a fare esercizi di sgorgheggi: maaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa. So peinlich! (cosi imbarazzante).

Altra chicca sono le parole con il sch. Fresco di giornata è l´inceppamento con geschichte (storia). Anche questa parola amica-nemica esce di buzzo buono, fluida e naturale in alcuni giorni, smozzicata e tartagliata in altri. Einfach so (semplicemente cosi, senza ragione). E ti viene da porti delle domande. Cioè se fino a ieri riuscivo a pronunciarla senza problemi, perché oggi no?? E la risposta è un sonoro BHO! Succede esattamente lo stesso con i verbi. Nel mentre di certi discorsi, evidentemente particolarmente ispiranti, mi escono verbi come verhindern, durchführen e affini. Altre volte non mi vengono i verbi piú inflazionati come lassen, wollen, können. Il peggio dei peggi è quando vuoi dire una cosa, sai di sapere il verbo, ma il cervello non collabora. Al contrario va in sciopero, si spegne, fai per pensare alla parola e non ti viene manco in italiano. Nella testa c´è solo il vuoto siderale, una miriade di aria rarefatta. E finché ti rendi conto che non sai cosa vuoi dire in nessuna lingua, gli altri ti guardano sospesi, in attesa della parola che stai soppesando da millenni. Alla fine della fiera alzi un braccio, gesticoli come un cane morso da una zecca e ti fai capire in qualche modo.

Le fluttuazioni, dato il loro carattere assolutamente arbitrario, colpiscono a tradimento e in qualsiasi campo linguistico. Non puoi mai ritenerti davvero al sicuro. L´inversione verbo-soggetto che nelle domande ti riusciva cosi bene, oggi cola a picco e ti riduci a pensare “aspetta, sto facendo una domanda, dovrei fare l´inversione! Miseria me la sono dimenticata”. La posposizione del verbo in fondo alla frase che dopo tanti collaudi comincia a intrarti in automatico, oggi sballa e senza che te ne rendi conto per tempo azzardi un wenn sie kommt zu mir. E non appena ti figuri la frase nella testa, ecco che ti risuona l´allarme rosso “hai messo il verbo all´inizio con il wenn, no dico, ma sei tutto fuso???”. E ti vorresti masticare la lingua dal disdegno, ma ormai la frase l´hai lanciata e ciao, non la acchiappi piú.

Come si possono quindi sconfiggere le fluttuazioni a tradimento? Bella domanda. Io mi limito a prenderle come vengono, oggi va bene, domani chissá. Come i valori della borsa per intenderci. Bisogna buttarsi e prendere quello che viene. Oggi ti puoi tranquillamente spacciare per madrelingua dato lo speciale stato di grazia, domani torni nel limbo dei balbuzienti cronici. Tutto un su e giú. Spiccicato al Nasdaq e al Down Jones.

Oggi nevica. Di stamattina ho giá toppato il geschichte. Vediamo ora di sera quale altra fluttuazioni mi becco!

lunedì 6 febbraio 2012

Ponte bavaro-veronese

Opera in atti non pervenuti.

Personaggi principali: la Tutor, Torquitax, Gentile Signorina, Gentile Commerciante.

Luogo: Ufficetto Tedesco (UT) locato in Monaco di Baviera

 Intro: è una giornata fredda (il termometro registra –5), ma soleggiata. L´azione si svolge al chiuso, nel sopracitato UT. Spazio temporale: due ore pressappoco. Il sipario si apre. Torquitax è seduto alla sua scrivania, intento a navigare in Internet. Dall´altro ufficio giunge una voce.

Tutor: Torquiiiiiiiiiiiiiiii

Torquitax: Siiiiiiiiiiiiiiiiiiii?

Tu: Puoi venire qua un momento?

To: Ceeeeeeeeeerto, volo!

Tu: Allora, siediti un momento che ti spiego cosa mi serve. Tra due settimane abbiamo il seminario sugli appalti pubblici in Italia e mi servirebbero delle informazioni specifiche. Purtroppo è da tre praticanti a sta parte che tentiamo di ottenere ste informazioni, ma senza successo. Le altre praticanti hanno mandato una catervata di mail, ma non ci ha mai risposto nessuno. Peró io ho veramente bisogno di chiarire questi dubbi, non solo per il seminario, ma anche in futuro. Mi serve infatti sapere cosa deve fare una ditta tedesca per poter ottenere la certificazione SOA in Italia che permetta di concorrere a un appalto pubblico anche in territorio italiano. Speriamo che stavolta sia la volta buona che ci rispondono o per lo meno risolviamo questa problematica. Ti invio il link sul tuo computer della Homepage con tutte le filiali registrate che rilasciano il documento. Vedi cosa riesci a fare.

To: Ok.

Tornato alla sua scrivania Torquitax apre il link e dopo una rapida occhiata alla lista scopre che una delle molte filiali sparse per lo Stivale è locata in Verona. Il nostro fu portato a pensare che aveva trovato il primo appiglio a cui aggrapparsi. “Veronese son veronese – pensa – gran fatti che non riusciamo a capirci???” Torna quindi dalla Tutor.

To: Tuti tuti ho avuto un´idea. Senza che stiam qua a mandare mail che magari cestinano non appena vedono un indirizzo straniero, che ne dici se li chiamiamo direttamente? Cosi almeno sono costretti a risponderci e se non sanno darci risposta per lo meno ci indirezzeranno a qualcuno di piú competente, no?

Tu: Tolle Idee!! Chiama dal mio telefono che è abilitato anche per l´estero.

… tuuuuuu tuuuuuuuu tuuuu (squillo di telefono)…

Gentile Signorina: Pronta Risposta buongiorno cosa posso fare per lei?

To: Salve, chiamo dall`UT di Monaco di Baviera, volevo sapere alcune informazioni circa il rilascio delle certificazioni SOA.

GS: Oh…ah…si…ehm (voce ansiogena)…allora guardi le passo uno dei commerciali. Resti in linea.

…stagioni di Vivaldi di sottofondo…

GS: Pronto, è ancora li?

To: Si sono qui.

GS: Purtroppo ho tutti i commerciali occupati. Se mi lascia un numero e un nominativo la faccio prontamente richiamare.

To: D´accordo. Numero 0049….. Nominativo Torquitax.

GS: Grazie, appena possibile la faccio richiamare. Arrivederci.

Il nostro torna alla sua scrivania dopo aver spiegato alla Tutor di aspettarsi una chiamata dall´Italia e spera ardentemente che richiamino e non confermino l´orrida usanza italica di dimenticarsi di richiamare. Posate le chiappe sulla sedia resta vigile in attesa che il telefono trilli. Passano quindici minuti e il trillo eccheggia per l´UT.

GS: Pronto sono Penelope della Pronta Risposta, parlo con Torquitax?

To: In persona.

GS: Benissimo, le passo uno dei commerciali che si è appena liberato.

To: Grazie.

Gentile Commerciante: Maurizio Calpurotti, piacere!

To: Torquitax piacere!

GC: Ohhh scusi se glielo dico ma non sa che sollievo che lei parli italiano.

To: Aahahaha io sono italiano!!

GC: Ah siiiiiiiiii? Ah fantastico allora (grassa risata)

To: Guardi a dirla tutta sono pure veronese.

GC: Nooooooooooooooo davveroooooo? Non ci posso credere (grassissima risata). Allora mi dica come posso aiutarla, cosa posso fare per lei.

To: Le mie colleghe vorrebbero sapere cosa deve fare una ditta tedesca per poter avere un certificato SOA per concorrere in un appalto pubblico in Italia. Se ci sono determinati documenti da presentare, ecc ecc.

GC: Mah, in linea di massima è solo un problema di traduzione. Essendo membro dell´EU la Germania ha diritto a concorrere in Italia, ma deve presentare i documenti in italiano. Poi…..

To: …ah ok….mhmm capisco…ok. Ricapitolando: una ditta tedesca puó avere un certificato SOA in Italia basta che presenti i documenti in italiano e controlli nelle liste delle categorie a quale categoria appartiene.

GC: Esatto.

To: Perfettissimo e guardi, l´ultima cortesia. Le colleghe mi chiedono se da qualche parte, in Internet o sulla vostra pagina c´è una brochure riepilogativa. Anche in inglese va bene, non pretendiamo miracoli.

GC: Mah a dire il vero abbiamo un file PDF anche in tedesco.

To: Ah si??? Puó mandarmi tutto via mail?

GC: Certo, basta che mi dia un indirizzo mail a cui spedirlo e glielo spedisco volentieri.

To: Grazie mille millissime!!

To: Tuti tutiiiiiii ce l´ho fatta, ho le informazioni!

Tu: Oooohhhhhhhhh finalmente! Tu sei il praticante che ce l´ha fatta. Spiegami tutto.

To: Bla bla bla bla bla…

Tu: Pure la brochure in tedesco??? SUPER, WUNDERBAR!!!

Morale: il nostro non sapeva se ce l´avrebbe fatta. Questo era il suo primo incarico di responsabilitá e potete figurarvi la tremarella che aveva mentre parlava al telefono la prima volta.Sentiva pesare sulle sue spalle la consapevolezza di rappresentare l´unico ponte tra i bavari e i veronesi. Peró in una maniera del tutto inaspettata è riuscito a gestire la cosa. Senza tanti corsi preparatori, esperienze o seminari di trainig autogeno. Andando a naso, questo non l´ha tradito. Fiuuuuuuu. L´autostima lo lanciava in spazi siderali, facendogli accarezzare gli anelli di Saturno con le dita. Eh bhe, che dire…bavari e veronesi si intendono alla perfezione!